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Carlo Drapkind - Primo Direttore Radio Parma
(Provenienza
www.radiomarconi.it)

Il primo trasmettitore di Radio Parma



Dall'archivio personale di Marco Toni, l'intallazione del traliccio di Radio Parma nella sede di via Farnese 8 (1975)

Di Gabriele Majo

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Parma non vanta solo il primato nella stampa con la Gazzetta di Parma, secondo la ricostruzione del suo ex direttore Baldassarre Molossi “il più antico quotidiano vivente”, ma anche nella radiofonia, visto che la prima emittente privata o “libera”, come si diceva a quei tempi, è Radio Parma, che trasmette ininterrottamente dal 1° gennaio 1975: ma come la Gazzetta di Mantova rivendica l’anzianità quale più antico giornale, così Radio Milano International passa per essere la più vecchia radio indipendente.

Il giornalista Carlo Drapkind, primo direttore responsabile di Radio Parma, porta prove inconfutabili a sostegno della sua tesi: “Radio Milano International iniziò a trasmettere quattro mesi dopo di noi, ad Aprile del 1975: prima i fratelli Borra (gli editori della stazione milanese, nda) vennero a vedere le nostre trasmissioni, registrarono tutti i programmi in onda e poi imbastirono un loro palinsesto. Quando si trattò di celebrare i 20 anni della prima radio libera in Italia, gli attuali proprietari di Radio Parma (la Segea, editrice anche della Gazzetta di Parma e Tv Parma, nda), non trattandosi di una loro primogenitura, lasciarono cadere questo primato, senza difenderlo, e Radio Milano International si fregiò del titolo di prima radio libera in Italia. Una vera bugia: per di più loro hanno poi mutato la testata in “One o One Network”: dunque Radio Milano International non esiste più.”

Testimonianza avallata anche dall’appassionato racconto di Marco Toni, radioamatore parmigiano che modificò un ponte radio dell’esercito (TRC 5) utilizzato per mettere in onda il segnale: “Furono proprio i Borra, maniaci di reperti militari, a procurare quel trasmettitore, e ne trovarono uno uguale per loro: però avevano una paura infernale ad andare in onda per motivi di carattere politico. Solo mesi dopo, infatti, trovarono il coraggio e vennero a chiedermi di apportare le modifiche necessarie per fare trasmettere regolarmente quell’impianto. Glielo montai io stesso in Via Locatelli a Milano, al secondo piano, stendendo anche i cavi per l’antenna.”

Erano gli anni in cui ferveva il dibattito sull’informazione nel nostro Paese e sulla rottura del monopolio della Rai, con le prime sentenze di liberalizzazione dell’etere: “Prima di noi – spiega Toni – furono in tanti a fare esperimenti di trasmissione: la cronaca si occupò della vicenda di una certa Radio Bologna, fondata dalla Cooperativa lavoratori informazione”, espressione di Lotta Continua che andò in onda, per alcuni giorni, da una roulotte, grazie ad un trasmettitore militare trovato in un mercatino, Fantini Surplus (residuati militari, nda) e tarato da un radioamatore di Treviso, Radio Meneghel: io frequentavo fisica a Bologna, vidi quel tentativo e lo posso confermare. Loro dicevano che volevano contribuire alla lotta per la democratizzazione della Rai Tv, per il suo effettivo decentramento e per la gestione a livello di base. In pratica volevano dimostrare che trasmettere era economicamente sostenibile ed alla portata di tutti. Contemporaneamente ricordo Radio Emanuel di San Benedetto del Tronto: furono esperienze importanti, ma non ebbero rilievo politico e giuridico. Giuridicamente, infatti, riconosco che la radio è cominciata con Radio Milano International, visto che una pretora gliela sequestrò e poi dissequestrò.”

Disavventura che invece non capitò a Radio Parma, che non interruppe mai le sue trasmissioni: “Subimmo dei processi, ma non ci fu mai nulla di penale, solo questioni amministrative: quelle bande di frequenza – ricorda Drapkind – erano riservate alla navigazione aerea, non c’erano ancora disposizioni precise, anche se io e Virginio Menozzi (il proprietario di Radio Parma, nda) pochi giorni dopo l’inizio delle trasmissioni, quando vedemmo arrivare un colonnello dei Carabinieri pensammo che venisse ad arrestarci. Invece, per fortuna, si limitò a registrare la radio. Una delle nostre speaker, Pia Russo, era figlia di un ufficiale dell’Arma…”

Quando alla porta della storica sede di Via Felice Cavallotti suonava qualcuno in divisa chi rispondeva aveva sempre un po’ paura: “Politicamente non davamo fastidio a nessuno. Ci tenevano d’occhio – dice Toni – ma Carabinieri e Polizia passavano col sorriso sulle labbra: Drapkind, nei notiziari, li lisciava, esaltando i loro interventi.” Proprio alle autorità cittadine, militari, civili e religiose furono dedicate le prime parole di Radio Parma:peccato che nessuno poté ascoltare il saluto rivolto loro da Carlo Drapkind: “Era il 1° Gennaio del 75, io – racconta Toni – ero sui tetti, dove avevo appena montato l’antenna stilo, da me progettata, su un traliccetto Fracarro, alto 6 metri, su una delle case più basse di Parma. Alle 11 era tutto pronto. Attaccammo l’impianto, il trasmettitore andava, la potenza c’era, ma la radio non si sentiva più lontano di 50 metri. Menozzi era disperato: lui sperava che arrivasse almeno fino in Piazza Garibaldi. Fermava le signore per strada e porgeva la radiolina, una National, con la modulazione di frequenza, sperando che almeno loro riuscissero a sentire. Impossibile, fino a quando mi accorsi che per colpa del peso del cavo si era sfilato il connettore dell’antenna. Sistemai tutto nel pomeriggio: Menozzi captò il segnale perfino a casa sua, a Sala Baganza, ed era l’uomo più felice del mondo. Ci fu una grande festa: così nacque la radio.”

Radio Parma era una delle quattro testate giornalistiche registrate in Tribunale dai pionieri Drapkind e Menozzi nel mese di Novembre del 1974 (n. 516) le altre erano Teleparma (cavo) e Parma Tv (etere) oltre alla cumulativa “Radioteleparmatv”: “Quando accennai al Giudice Delegato del Tribunale di Parma Roberto Fogola, un mio conterraneo – ricorda Drapkind – questa idea della radiofonia lui, da persona molto intelligente ed intuiva quale era, ci suggerì di omologare le nostre trasmissioni a quella che è la giurisprudenza per la carta stampata. Ed infatti Radio Parma venne registrata come quotidiano parlato radiodiffuso indipendente.” Proprio scartabellando gli ingialliti faldoni del Tribunale di Parma si può ricostruire quello che fu il travagliato cammino verso la liberalizzazione dell’etere: la registrazione venne dapprima revocata dallo stesso Fogola il 28 Ottobre 1976, per difetto di autorizzazione Ministeriale”) ma poi il 7 ottobre del 1977 autorizzò la reiscrizione, per una palese carenza normativa: “La richiesta autorizzazione amministrativa non è prevista da alcuna legge dello stato: per questo si ordina la registrazione”. Vacatio legis: proprio le magiche parole pronunciate dall’On. Bogi, ai margini di un convegno del dicembre del 74, che fecero rompere gli indugi a Menozzi: “Andammo a Sarzana – ricostruisce Toni – e Menozzi si sbilanciò con lui: vogliamo fare la radio, gli disse. La Rai non sarà molto contenta, avrete un grande nemico, replicò il politico, ma c’è vacatio legis non vi possono fare niente. Quella stessa notte, tornando a Parma dissi a Menozzi che mi ero procurato il trasmettitore adatto, che con qualche modifica lo avevo portato a 102 MHz: dovevamo stare per forza sopra i 100 perché i ripetitori Rai non andavano oltre. Lo avevo provato e funzionava. L’avevo pagato 300.000 lire. Era notte fonda, ma lui volle vederlo: “Tienilo in caldo, c’è vacatio legis, e noi facciamo la radio”, mi disse, ma prima volle provare l’esperienza della Tv via cavo.” Durante le vacanze di Natale Ninni Allegri, che aveva la rappresentanza della Philips cablò il centro cittadino, i cavi passavano sotto i portici del municipio: sulla scorta dell’esperienza di Telebiella vennero fatte le prime prove di Teleparma. Ma Toni non era d’accordo: “Lasciate perdere la Tv, è troppo impegnativa e costosa. Fate la radio: il pulpito è molto meglio dell’immagine. E il futuro non è il cavo, ma l’etere.” Le Onde Medie vennero subito scartate: “L’antenna avrebbe dovuto essere alta almeno 50 metri e piazzata fuori dal centro cittadino.” Ma c’era il problema dei ricevitori: “Vincenzo Bocchi, titolare dell’Audioparma, il negozio che ci aveva fornito la bassa frequenza, cioè giradischi, registratori, etc., disse che erano introvabili radio a transistor in Italia che ricevessero la FM. Ed infatti subito dopo lui stesso, che aveva fiutato il business, iniziò ad importarle dall’estero, ed andarono a ruba.”

Radio Parma, infatti, entrò subito nel costume della città: il suo palinsesto di allora non aveva nulla a che invidiare a quelli di oggi. Faceva informazione e cultura ed i giovani andavano là a trasmettere o a suonare la chitarra.

(articolo redatto nel mese di gennaio 2002)

 

 

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